venerdì 7 ottobre 2016

La Resistenza di Irradiazione

La Resistenza di Irradiazione è un concetto assai poco intuitivo e le varie definizioni che spesso si leggono, o sono completamente errate, o sono incomplete.

La maggior parte delle persone ritiene che la Rrad sia la componente resistiva dell'impedenza, espressa come Z = R +J Ohm, di un'antenna, nel suo punto di alimentazione. Su questo "erratissimo" concetto, sono state "inventate" antenne totalmente inefficienti, ma spacciate come miracolose soluzioni, con lunghezze ridottissime e piani di terra del tutto insufficienti.

Che la Rrad coincida con la componente resistiva dell'impedenza d'antenna è quindi un falso totale ed è anche facile dimostrarlo.

L'impedenza di una verticale a quarto d'onda, ad esempio, dipende dal punto di alimentazione.

Dato un piano di terra ipoteticamente perfetto, sappiamo che l'impedenza di una verticale a quarto d'onda, alimentata alla base, corrisponde a circa 37 Ohm.

Tuttavia, nessuno ci obbliga ad alimentare così la nostra verticale ed infatti, potremmo non volerla isolare dai radiali, magari perchè si tratta di un palo autoportante immerso in un plinto di cemento armato.

Tra le varie ipotesi, una potrebbe essere quella di alimentarla con un conduttore che, correndo parallelamente alla verticale, si colleghi all'estremità superiore, trasformandola in un "mezzo" dipolo ripiegato.

Nel punto di alimentazione di questa verticale, che funzionerà esattamente come quella alimentata in serie, troveremmo un'impedenza di circa Z = 75 +j Ohm (*), tuttavia, la Rrad non sarebbe cambiata affatto.

(*) Z = 75 Ohm supponendo che il diametro della verticale e quello del conduttore che la alimenta siano uguali.

  


Per spiegare cosa sia la Resistenza di Irradiazione, è necessario accennare all'irradiazione, dal punto di vista fisico.

Applicando una corrente elettrica a radiofrequenza ad un’antenna, si provoca un’accelerazione degli elettroni ed è questa accelerazione che, a sua volta, provoca la creazione del campo elettromagnetico.

L’onda radio così prodotta, trasporta energia, ma questa energia, è ovviamente ricavata dagli elettroni. La perdita di energia subita dagli elettroni, nel creare il campo elettromagnetico, può allora essere vista come la resistenza che si oppone al movimento degli stessi elettroni, durante la creazione dell’onda.

Rappresentando ciò con una formula, avremmo:       
Rrad = P/I2  

Dove:
P = potenza del campo effettivamente generato
I = corrente effettivamente circolante nel sistema


Tornando all’esempio della verticale, la corrente circolante nel sistema, è limitata dalla Rrad e dalle perdite (resistive), che sono sia nell’elemento radiante che nel piano di terra.

Pertanto, dato che la Rrad  abbiamo visto essere una grandezza fisica intrinseca, legata alle dimensioni dell’antenna, nulla possiamo fare per aumentare l’efficienza intrinseca dell’antenna, relativamente alla sua Rrad.

Possiamo ridurre le perdite “ohmiche” che si sommano alla Rrad e che limiterebbero ulteriormente la corrente circolante, quindi l’efficienza complessiva dell’antenna, ma la Rrad, rimarrà comunque quella intrinseca, propria di quell’elemento.

Nel grafico qui sotto, ricavato da un Antenna Engineering Handbook dei primi anni 50, è possibile farsi un’idea di quella che è la resistenza di irradiazione per un’antenna verticale molto corta e caricata capacitivamente in punta. Un antenna che si può considerare percorsa da una corrente pressoché uguale in tutta la sua lunghezza.



lunedì 3 ottobre 2016

Trappole ed Antenne Trappolate



TRAPPOLE

La “trappola”, nelle antenne per radioamatori, sia dipoli che verticali, è un circuito LC (parallelo), che funziona sia come circuito isolante (alla risonanza) che come “carica” elettrica dell’elemento, quando la sua reattanza ha un valore +J.


Deve necessariamente essere un circuito con poche perdite, quindi con “Q” elevato (banda stretta), altrimenti, essendo fisicamente piccola, la potenza da dissipare sarebbe eccessiva. Alla risonanza, equivale ad un circuito aperto, sviluppando ai suoi capi tensioni molto elevate, dell’ordine delle migliaia di Volt.

La considerazione di cui sopra è sufficiente a sfatare il mito secondo il quale un’antenna trappolata/caricata rende poco rispetto alla equivalente monobanda. Non è infatti plausibile che un’antenna per trasmissione possa avere sugli elementi componenti elettrici dimensionati in modo tale da dissipare in calore molta energia, senza danneggiarsi irreversibilmente, sia per questioni di peso, che di costo. Verosimilmente, un dipolo trappolato in grado di sostenere 1KW RMS non dissiperà più del 20% della potenza applicata, una perdita che equivale a circa 1dB.   

Pertanto, un dipolo/verticale trappolato con circuiti LC ad alto Q, ha una resa simile quella del dipolo semplice, a fronte di una banda passante minore. Anzi, qualora le dimensioni contenute del dipolo consentano un’installazione migliore, ad esempio ad un’altezza dal suolo ideale, piuttosto che di compromesso, per bassi angoli di irradiazione, il risultato sarà nettamente a favore dell’antenna più compatta, anche di parecchi decibel.

  
La banda limitata di un dipolo trappolato ed il Q elevato del circuito LC ha invece un impatto significativo sul guadagno delle antenne direzionali di tipo yagi con elementi parassiti, dove l’efficienza viene drasticamente compromessa dalla presenza di trappole. Non è un problema di energia dissipata nelle trappole, ma di Q.  

Come è noto http://i4jmy.blogspot.it/2016/03/come-funziona-lantenna-yagi.html un’antenna direzionale ad elementi parassiti, si basa sulla somma vettoriale del campo elettromagnetico, ottenuta dalla re-irradiazione (opportunamente sfasata) degli elementi parassiti. Lo sfasamento necessario a produrre guadagno e direzionalità, viene ottenuto variando la reattanza degli elementi, allungandoli od accorciandoli opportunamente e collocandoli ad un’opportuna distanza dal dipolo alimentato. Lo svantaggio principale delle antenne yagi è la banda passante ristretta, cioè l’alto “Q”, imputabile al fatto che l’allungamento, o l’accorciamento degli elementi parassiti, provoca un decremento della potenza re-irradiata, man mano che ci si allontana dalla frequenza in uso.  Credo sia intuitivo che inserire in un’antenna yagi componenti ad alto Q come le trappole, non possa che peggiorare la situazione in modo rilevante, visto che la trappola/carica restringerà ulteriormente la banda passante dell’elemento parassita, con effetti simili a quelli che si otterrebbero, impiegando direttori molto corti, o molto lunghi.

mercoledì 16 marzo 2016

Wifi Phishing

Per accedere ad un cosiddetto Hot Spot, non è necessaria alcuna password.
Esiste quasi sempre un "weblogin" per navigare su internet, ma si tratta di una password "a valle", che a quel punto, serve a poco.
Considerando che una normale prudenza ed il buon senso dovrebbero essere sufficienti a far desistere dall'accedere ad HotSpot sconosciuti, si potrebbe pensare che il problema esista soltanto se si è "imprudenti e sconsiderati".
Dato che più router, od access point, possono tranquillamente avere il medesimo SSID (il nome della rete), a meno di conoscere i MAC address dei dispositivi "ufficiali" e verificarli quando ci si connette (cosa che non fa nessuno), non si può escludere che un malintenzionato abbia attivato un un access point (insomma un hot spot clone) per carpire i dati sensibili a chi si collega.
Il wifi phishing consiste appunto nell'attivazione di un access point, che imita un HotSpot, ovvero una rete wifi a libero accesso. A libero accesso, non significa che sia anche gratuita (ad es gli Hotel spesso non lo sono), ma soltanto, che vi si accede con una connessione "free", cioè senza password e senza criptaggio dei dati.
L'hot spot "clonato" sarà connesso ad internet e funzionerà regolarmente, proprio come l'hot spot vero, permettendo all'utente di navigare, sia per non destare non destare sospetti, ma soprattutto, perchè altrimenti, non verrebbero inseriti dati, come ad esempio quelli della email.
La pagina del WebLogin, sarà ovviamente falsa, ma presumibilmente identica a quella dell'hot spot vero, anche se i DNS saranno manipolati.
Non si si salva neppure se la password di accesso all'hot spot cambia ogni volta che si effettua il weblogin, nemmno venisse fornita per un'altra via, ad esempio per SMS, perchè l'HotSpot fasullo, sarà impostato per accettare qualunque password.
In linea di principo ed in presenza di un utente particolarmente ingenuo, la stessa tecnica potrebbe essere utilizzata per carpire anche la password WPA-WPA2 di una rete wifi domestica. In questo caso, però, l'utente dovrebbe davvero essere sciocco, perchè i moderni dispositivi (PC, Tablet, smartphone) avvisano sempre quando ci si sta per connettere ad una rete "aperta", mentre la propria rete, è configurata per avere una password ed un criptaggo.
Per approfondimenti, consiglio questa lettura: https://blog.kaspersky.it/la-sicurezza-delle-reti-wi-fi-e-i-falsi-caricatori-acdc-minacciano-i-vostri-dati-durante-i-mondiali-2014/4129/

giovedì 3 marzo 2016

Come funziona l'antenna Yagi (Rev. 19-6-2022)

La yagi, è un’antenna direzionale, composta da due o più dipoli di lunghezza prossima alla mezz’onda. Si tratta quindi di un'antenna il cui funzionamento è limitato ad una gamma di frequenze in cui la caratteristica di cui sopra rimane verificata.

Solamente uno degli elementi è collegato al cavo di discesa, cioè a quella che tecnicamente si chiama linea di trasmissione.

Parallelamente a questo dipolo, ne vengono posizionati altri simili, con una spaziatura e lunghezza opprtuna. Gli elementi che non sono direttamente collegati alla linea di discesa sono detti “parassiti” e prendono il nome di direttori e/o riflettore, a seconda della loro lunghezzza e della posizione relativa rispetto al dipolo.

Dipolo alimentato ed almeno un elemento parassita, formano un'antenna direzionale che viene detta Yagi-uda, dal nome del suo inventore.

Ma come funziona allora una yagi?

Come un diapason (elemento risonante) si mette a vibrare se nelle sue immediate vicinanze ne viene posto un’altro identico (cioè che risuona sulla stessa nota), i dipoli elettrici si comportano esattamente allo stesso modo. Se sono immersi in un campo elettromagnetico con una frequenza prossima alla loro risonanza, nei dipoli vicini, se sono altrettanto risonanti, scorre una corrente elettrica, per effetto delle quale, combinandosi con quella del dipolo (alimentato direttamente dalla linea di discesa), si genera un campo elettromagnetico la cui forma deriva dal mutuo accoppiamento fra i vari elementi. Questo è l'effetto alla base del funzionamento dell'antenna direzionale ad elementi parassiti.

Tutti gli elementi parassiti di una yagi sono comuni dipoli che, nell’intorno della loro risonanza, re-irradiano i segnali da cui vengono eccitati, apportandovi però un'importante e particolare variazione di fase.

Questa variazione di fase sul segnale re-irradiato è funzione (dipende...) dalla lunghezza fisica dell’elemento. In altre parole si ha una variazione di fase all’atto della re-irradiazione se l’elemento è un po’ più lungo od un po’ più corto rispetto alle dimensioni che avrebbe se fosse in esatta risonanza.
La variazione di fase sul segnale re-irradiato dipende quindi dalla componente reattiva dell’elemento (si dice che un elemento ha una componente reattiva quando non è esattamente in risonanza)

Manipolando opportunamente la distanza fra loro e la fase del segnale re-irradiato dai dipoli e dai riflettori, si crea un’antenna direzionale.

Più specificamente, Re-irradiando energia con una fase ben precisa (appunto determinata dalla lunghezza degli elementi) ed impiegando un tempo altrettanto fondamentale per giungere al dipolo alimentato, cioè posizionando opportunamente gli elementi (parassiti) di una yagi, se ne determina il lobo di irradiazione risultante dell’antenna, RIDUCENDO il campo in una data direzione e RAFFORZANDOLO in altre.

Il guadagno di un'antenna consiste, infatti, nel ridurre l'irradiazione in certe direzioni (ed elevazioni) per concentrare quell'energia in altre direzioni ed elevazioni.

E’ da sottolineare che se gli elementi parassiti di un’antenna yagi modificano la fase del segnale, ma non re-irradiano un’energia significativa, cioè comparabile con quella dell'elemento connesso al trasmettitore (o ricevitore), non otteniamo variazioni rilevanti al segnale presente sui morsetti del dipolo collegato alla linea di discesa.

Direttori e riflettori sono quindi dipoli elettricamente eccitati dai campi elettromagnetici in cui sono immersi, ma in quali condizioni re-irradiano una buona parte di questa energia?

La risposta è: soltanto in prossimità della loro risonanza.
Praticamente parlando, l’energia re-irradiata da un dipolo è consistente sino a che la lunghezza dell’elemento parassita non scende al di sotto del 95% rispetto alla frequenza di risonanza, e non aumenta oltre il 107%. Questo, ovviamente, è vero a meno di altre perdite che possono essere presenti nell’elemento, ad esempio, quelle dovute ad eventuali cariche induttive, o alle cosiddette trappole.

Come possono un riflettore od un direttore produrre una cancellazione di segnale in una data direzione e la somma in un'altra? Per maggiore semplicità, cioè per rendere più intuitivo il ragionamento, immagineremo di considerare l'antenna come trasmittente.

Prendiamo un dipolo ed immaginiamo che sia alimentato da un trasmettitore. Come è noto, il diagramma di irradiazione sul piano orizzontale ha la forma di un 8 allungato.

Ad un 1/4 d'onda di distanza, collochiamo ora un riflettore, ponendo attenzione che 1/4 d'onda equivale anche a 90° elettrici.
Il segnale "vettore" (modulo unitario e fase zero), irradiato dal dipolo, raggiungerà il riflettore dopo aver percorso lo spazio fisico esistente, quindi, necessariamente si aggiungerà un ritardo di 90°. E’ infatti ovvio che se dal dipolo al riflettore c’è uno spazio fisico pari ad 1/4 d'onda, il segnale dovrà percorrere questo spazio "elettrico" (fase) per arrivarci.

Una volta arrivato al riflettore, il segnale irradiato dal dipolo "ecciterà" il riflettore che a sua volta re-irradierà (quasi tutta) questa energia, visto che non verrà utilizzata in alcun modo. Poichè il riflettore è più lungo rispetto al dipolo risonante, cioè ha una reattanza di segno positivo, si determinerà anche un’inversione di fase del segnale re-irradiato.

Pertanto, dato che l'inversione di fase equivale ad un ritardo di 180°, sommando algebricamente a questo valore il tempo di propagazione fra dipolo e riflettore, cioè 90°, il segnale re-irradiato dal riflettore avrà un ritardo complessivo di 270° rispetto a quello del dipolo. Poichè un ritardo di 270° equivale ad un anticipo di 90°, cioè –90°,  l’energia irradiata (sarebbe la fase del vettore...) da questa ipotetica yagi a due elementi, risulterà nulla nella direzione dipolo riflettore (vettore -90 + vettore 90°) e raddoppiata (vettore 90° + vettore 90°) in quella opposta.

E i direttori?

In quanto piu' corti rispetto alla risonanza, i direttori sfasano il segnale re-irradiato con segno opposto rispetto al riflettore, ovvero in anticipo anziché in ritardo.
Lo sfasamento in anticipo di un direttore puo' essere quindi variato a seconda della sua lunghezza, arrivando fino a -90° nel caso di direttori molto corti. Sfortunatamente, l’energia re-irradiata da un direttore si riduce sensibilmente se la sua lunghezza si riduce oltre una data soglia. In altre parole, un direttore di lunghezza molto raccorciata rispetto alla mezz'onda corrispondente alla frequenza in uso, contribuirà in modo trascurabile al campo complessivo prodotto dall’antenna.

Premesso ciò e tornando all'ipotesi del direttore posto ad 1/4 d'onda dal dipolo, avremo: –90 +90 –180, cioè –180°. Pertanto, analogamente all’esempio del riflettore, in una direzione la re-irradiazione del direttore si somma a quella prodotta dal dipolo, mentre nell’altra va a cancellarla.

E’ molto importante notare che la corrente circolante nel direttore, qualora sia presente un riflettore, non è solamente maggiore di quella che circolerebbe in un semplice dipolo, ma è arriva (in teoria) al doppio, dato che l'energia proveniente dall'insieme dipolo-riflettore, in direzione del direttore, sarà all'incirca doppia rispetto a quella in presenza del solo il dipolo (l'elemento collegato alla discesa).
La stessa considerazione riguardo all'energia ed alla corrente, vale ovviamente anche per il riflettore, se è presente un direttore.

Se ricordiamo la premessa che per apportare un contributo significativo, gli elementi parassiti devono poter re-irradiare un'energia comparabile a quella da cui vengono "eccitati", è chiaro che la corrente circolante nel primo direttore e nel riflettore sarà via via maggiore se aumenta il numero dei direttori, mentre l’apporto degli ulteriori direttori al guadagno ed alla direttività diminuirà via via che questi aumentano di numero e si riducono in lunghezza, una conseguenza che abbiamo visto determinare anche una riduzione nell'energia re-irradiata.

Perchè solo un direttore (o una sola cortina di riflettori)?

Se si è seguito il ragionamento, dovrebbe risultare ovvio perché sia inutile avere piu' riflettori se questi sono posti nello stesso piano del dipolo e dei direttori. Aggiungendo infatti un elemento oltre il riflettore, cioè nella direzione e nel piano dove l’energia e' gia' stata minimizzata, non possiamo sperare di ottenere nulla di significativo. L’energia presente sull’ipotetico secondo riflettore, quella che cioè potrebbe essere re-irradiata, è irrilevante, in quanto è già stata minimizzata dall’insieme riflettore dipolo, e dagli eventuali direttori presenti.

Per la ragione opposta, aggiungere direttori posizionati opportunamente ha sempre efficacia, sia per aumentare il guadagno che per incrementare il rapporto fronte retro. L’unica limitazione all’aumento dei direttori sta nel non poterli accorciare oltre un certo livello, pena la riduzione dell’energia da questi re-irradiata. Non potendo accorciare i direttori oltre un certo limite, la banda utile dell’antenna, quella cioè dove il guadagno è alto e la direttività buona, si riduce via via che i direttori aumentano.

Per aggirare il problema della banda operativa limitata, tipica delle yagi, cioè per realizzare antenne direttive ad elementi parassiti, che siano in grado di coprire tutta la banda, ad esempio UHF TV, è tipico aumentare al massimo la banda del dipolo alimentato (elementi a V, oppure porre un elemento vicinissimo al dipolo per allargarne la banda "Optimised Wideband Array")  e dispore sul sostegno, direttori che funzionano, in pratica, solo su alcune porzioni di banda.

Nelle antenne yagi multibanda, il riflettore ed i direttori (soprattutto il primo), dovrebbero il più possibile essere privi di trappole o di cariche per evitare che questi componenti, con le loro perdite, riducano in modo consistente la corrente circolante, e di conseguenza l’apporto degli elementi parassiti dove sono installate, rispetto al sistema d’antenna.

Ecco perchè, nelle antenne per radioamatori, un dipolo trappolato o caricato non è così diverso nelle prestazioni da quello corrispondente a lunghezza fisica, mentre un’antenna yagi con le stesse “trappole” sugli elementi è decisamente più scarsa nelle prestazioni rispetto alla monobanda di pari elementi. Antenne con pochi elementi (ma poche perdite) e guadagno assoluto moderato, hanno spesso prestazioni superiori a yagi multibanda, che fanno ricorso a trappole e da cui, per numero di elementi, a torto, ci si aspetterebbero prestazioni superiori.

Per riassumere, gli elementi parassiti di un’antenna yagi re-irradiano energia e questa irradiazione produce una riduzione del campo in certe direzioni ed un rafforzamento in altre, creando in questo modo direttività. Poiché nell’antenna yagi (priva di cariche e trappole) non c’e' nulla o quasi che dissipi energia, e' intuitivo che quanto non va in certe direzioni, ovvero principalmente sul retro e sul fianco, debba conseguentemente andare a rafforzare l’irradiazione nelle altre direzioni, producendo quello che viene comunemente definito “guadagno”.
Per la ragione opposta, aggiungere direttori posizionati opportunamente ha sempre efficacia, sia per aumentare il guadagno che per incrementare il rapporto fronte retro. L’unica limitazione all’aumento dei direttori sta nel non poterli accorciare oltre un certo livello, pena la riduzione dell’energia da questi re-irradiata. Non potendo accorciare i direttori oltre un certo limite, la banda utile dell’antenna, quella cioè dove il guadagno è alto e la direttività buona, si riduce via via che i direttori aumentano.

domenica 28 febbraio 2016

A proposito degli LNB (miracolosi) da 0,1dB di NF a 3 €

A proposito degli LNB (miracolosi) da 0,1dB di NF a 3 € cadauno.
http://www.sharpsma.com/download/BS1K2EL100A-2014-10-07-LEC14501Apdf
Questo al link (NF 0,3dB -+0,2dB), è ciò che realisticamente ci si può aspettare da un prodotto consummer di buona qualità.
Per avere di meglio, bisognerebbe spendere enormemente di più, senza poi ottenere nulla, visto che la temperatura di rumore equivalente, è sostanzialmente determinata dall'antenna (riflettore parabolico).

sabato 27 febbraio 2016

Multi feed

I satelliti per telecomunicazioni, sono in orbita geosincrona.
Un'orbita geosincrona, significa che il satellite mantiene la sua posizione, rispetto alla terra.
Poichè la terra ruota sul proprio asse, compiendo una rotazione completa in 24 ore, i satelliti geosincroni per telecomunicazioni, posizionati sulla verticale dell'equatore terrestre, devono fare altrettanto, cioè orbitare con la stessa velocità angolare.
La posizione sulla verticale dell'equatore, a circa 36000Km d'altezza, è una collocazione che permette di mantenere l'orbita geosincrona col minor utilizzo di energia. Una sorta di punto d'equilibrio, dove la forza centrifuga (dovuta alla velocità del satellite) e l'attrazione terrestre si equivalgono.
Il primo ad intuire l'esistenza di questa orbita e ad immaginarne un utilizzo, fu Sir Arthur G. Clarke https://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_C._Clarke
Salvo guasti, la vita operativa di un satellite geosincrono, dipende dal carburante a bordo, che serve a dare quelle piccole correzioni di posizionamento e velocità, necessarie ad evitare che il satellite precipiti verso la terra, o si perda nello spazio.



Dalla terra, l'orbita geosincrona (o fascia di Clarke) appare in modi diversi a seconda della latitudine in cui ci si trova. All'equatore, ha la forma di una linea retta, che va da est a ovest, passando per la verticale del punto in cui ci si trova. Alle nostre latitudini, ha invece una forma a campana



Una parabola offset, non è altro che una piccola porzione di una parabola "primo fuoco" di grandi dimensioni.



Fra i vantaggi delle parabole offset, i più rilevanti sono:

1) L'antenna "captante", più correttamente detta illuminatore (entrcontenuta negli LNBF) punta maggiormante verso l'alto, cioè verso il cielo, una zona "fredda", cosa che contribuisce a non degradare la temperatura di rumore dell'antenna (illuminatore-parabola)
2) Il disco, pur puntando decisamente più in alto di quanto appare (angolo di offset), è decisamente più verticale rispetto ad una parabola prime focus, cosa che risolve il problema dell'accumulo di neve alle latitudini medio alte e quallo dell'accumulo di acqua vicino all'equatore, dove il disco prime focus, puntando sulla verticale (o giù di li) diventa una sorta di bacinella.
3) La perdita di guadagno nei fuochi secondari, cioè puntando un satellite spostando l'illuminatore piuttosto del disco, drammatico nelle prime focus, è piuttosto contenuta, quantificabile al massimo in un paio di dB entro -+ 8° dal fuoco primario.

Volendo creare un sistema di ricezione satellitare multifeed, entro 8-10° (16-20° complessivi) è perfettamente inutile spendere per acquistare una parabola toroidale. Bisogna però tener conto che per ogni satellite, oltre al puntamento in azimut, potremmo avere una diversa elevazione.
Limitandosi ad affiancare gli LNB, cioè tenendo conto solo dell'azimut e trascurando la diversa elevazione dei satelliti, può accadere che l'LNB si troverà fuori dal fuoco secondario.

Poniamo il caso di voler realizzare un multifeed: 13E, 19E, 23,5E 28,2E e che il luogo di ricezione corrisponda a Lat 44.550N Long. 10.897E
I puntamenti, saranno i seguenti:

28.2°E  Azimut = 159.06°  Elevazione = 35.88
23.5°E  Azimut = 162.32°  Elevazione = 37.19
19.2°E  Azimut = 168.25°  Elevazione = 38.05
13.0°E  Azimut = 177.00°  Elevazione = 38.68

E' da notare che la differenza in azimuth NON corrisponde affatto a quella orbitale, perchè le posizioni relative di azimut ed elevazione, dipendono dalla longitudine della postazione ricevente.
Come è facile vedere, il classico dual feed HB-Astra, dove la differenza di posizione orbitale sono 6°, a Lat 44.550N e Long. 10.897E ha una diffenza in azimut di 8,75°.
Inoltre, la differenza in elevazione tra il satellite a 13°E e quello a 28.2°E è di 2,8°. Chiunque ha una parabola, anche un semplice mono feed a 13°E, con un disco da 60cm, avrà constatato che non riceve nulla dal satellite a 16°E. Ciò significa che un errore di soli 3°, anche con un disco di soli 60cm, comporta un'attenuazione enorme rispetto al segnale ottenibile mettendo l'illuminatore (LNBF) nel fuoco primario o secondario. Se basta una 60 cm per rendere un errore di 3° sufficiente a NON ricevere, con parabole di maggiori dimensioni, il problema diventa ancor più importante.
Pertanto, se la differenza in elevazione è ridotta, cioè se i satelliti da ricevere appaiono vicini ed al culmine della campana (fascia di clarke) non è un problema utilizzare i classici supporti per LNB, dove è possibile regolare soltanto la posizione azimutale. Nel caso in cui i satelliti da ricevere abbiano differenze di elevazione superiori ad 1°, diventa obbligatorio un supporto multifeed dove gli LNBF possano essere regolati anche in altezza (elevazione) oltre che in azimut.



Considerando però, che i "vantaggiosi" fuochi secondari delle parabole offset, risiedono solo su un piano, la soluzione ottimale sarebbe quella di poter inclinare tutto il disco, in modo tale che pur variando l'elevazione di per ogni satellite, tutti gli LNB siano su quel piano ottimale.

In commercio, esiste una parabola offset con questa possibilità, ma il suo prezzo è superiore a quello di una parabola toroidale, che mantiene il proprio guadagno per una differenza angolare ben superiore ai 20° tipici di una semplice offset.

Chi ha dimestichezza di bricolage "metalmeccanico" e dispone di una saldatrice ad elettrodi e di una troncatrice (in alternativa va bene anche una smerigliatrice angolare, con disco di taglio e base di supporto), può facilmente ed economicamente trasformare un'economicissima parabola offset da 80cm (tipicamente 20€) o da 100cm (35-50€).

L'operazione consiste nel tagliare il supporto che ancora la parabola al palo di sostegno, in prossimità della staffa che si appoggia al palo, saldando due piastre di acciaio da 10x10cm (1€ cad. al Brico) ai tronconi del supporto. Alle piastre vanno praticati 3 fori (suggeirirei da 8.5mm) di cui uno centrale, che farà da perno, alla piastra che verrà saldata al troncone verso il palo, i due fori dovranno essere trasformati in due asole semicircolari. Praticamente parlando, alle nostre latitudini e per l'esempio fatto 13E-28E, l'inclinazione del disco è alquanto limitata (circa 5-6°), pertanto, al posto delle asole, basterà allargare i fori da 8,5mm, utilizzando una spessa rondella come quella nell'immagine qui sotto. 




La messa a punto (inclinazione) sarà perfetta, quando l'elevazione del disco sarà la stessa per i satelliti agli estremi.









domenica 7 febbraio 2016

mercoledì 3 febbraio 2016

UN 4 SQUARE ARRAY RICEVENTE



UN 4 SQUARE ARRAY RICEVENTE
(by I4JMY Maurizio Panicara, Rev 03 Feb 2016)

Un sistema d'antenna ricevente compatto per le bande basse, realmente performante e realizzabile.

Breve accenno sulle antenne compatte per le banda basse

PENNANT E FLAG
Le antenne, dette PENNANT e FLAG con tutte le loro possibili varianti, sono in effetti due cortissime verticali, poste a breve distanza fra loro ed alimentate con una fase opportuna per produrre un diagramma a cardioide sul piano orizzontale. Queste antenne non hanno una direzionalità in senso stretto ed il loro principio è da tempo in uso per applicazioni RDF (radiolocalizzazione). Il diagramma a cardioide di due antenne molto vicine è sostanzialmente un cerchio a cui manca uno spicchio stretto e profondo che si presta infatti benissimo per determinare la provenienza di un segnale. 

Se da una parte l’estrema compattezza di PENNANTs e FLAGs è allettante, queste antenne sono più adatte ad eliminare un segnale interferente locale, piuttosto che ad essere usate come antenne direttive.
Per coprire tutte le direzioni servono almeno 4 PENNANTS (o due coppie reversibili), le FLAGs sono invece da rendere rotative.
Un secondo limite di PENNANTs e le FLAGs consiste nel basso livello di segnale d’uscita fornito, tipicamente –40dB in 160m, situazione che obbliga di fatto all’uso di un preamplificatore d’antenna, con tutti i limiti di saturazione ed intermodulazione che ne derivano.

LE EWEs
Meno compatte rispetto a PENNANTs e FLAGs, sono le EWEs che all’apparenza assomigliano ad antenne beverage molto corte. In realtà, la parte ricevente nelle EWEs sono i due tratti verticali del filo che, alimentati con fase opportuna tramite il tratto orizzontale (che funge da linea di ritardo), producono anch’esse un diagramma direzionale di forma sostanzialmente cardioide. Essendo in genere le due verticali maggiormente spaziate, la direttività è delle EWEs è migliore rispetto a Pennants e Flags diventando quella classica per due verticali sfasate di 90° quando la spaziatura diventa pari ad ¼ d’onda.
Per coprire tutte le direzioni, sono necessarie almeno due EWEs e queste dovrebbero essere munite di un sistema che cambi alimentazione e carico di terminazione "swappandoli", cioè invertendoli, tra una estremità e l’altra.

UN 4 SQUARE ARRAY RICEVENTE
L’antenna compatta che propongo rimedia agli inconvenienti di cui sopra, ha un diagramma più realmente direzionale, copre tutte le direzioni. Può essere usata su più bande e fornisce un livello di uscita sufficiente.

IL CONCETTO
Quattro antenne verticali poste a quadrato e spaziate tra 1/8 ed ¼ d’onda, con un minimo di 1/16 alla frequenza più bassa ed 1/3 d’onda a quella più alta, possono costituire un buon array direzionale compatto per la ricezione, un sistema che fornisce prestazioni, in termini di direzionalità e di livello d’uscita, analoghe a quelle di una beverage ad onda intera. Se poi le dimensioni degli elementi non sono eccessivamente modeste, il livello di segnale in uscita è ampiamente sufficiente alla maggior parte dei ricevitori moderni (SDR).
La domanda che ci si potrebbe porre è se questo sistema non sia analogo ai classici 4 square arrays per trasmissione, ovvero ad un’antenna direzionale relativamente comune e di cui è possibile acquistare sul mercato tutto quanto serve, inclusi il box per la fasatura e commutazione nelle varie direzioni.
Innanzitutto c’è da dire che i sistemi usati per la trasmissione non sono in genere facilmente adattabili su più bande, anche perchè richiedono spaziature ben precise fra gli elementi. Per la trasmissione poi, si ha anche la necessità di usare antenne efficienti che finiscono per avere un forte mutuo accoppiamento fra loro.
In un sistema per trasmissione ad elementi eccitatati direttamente come il classico 4 square (ma anche nelle HB9CV, Raibeam, etc.) al di la dei ritardi di fase imposti, esiste infatti un forte mutuo accoppiamento fra gli elementi. Massima direttività e guadagno, derivano dalla combinazione dell’energia fornita con gli opportuni ritardi via cavo, con quella derivante dall’interazione passiva (reirradiazione) degli elementi.
Con piccole spaziature una yagi a due elementi ha guadagno e F/B inferiori rispetto ad antenne come l’HB9CV. In altre parole, per massimizzare guadagno e direzionalità si combinano le proprietà degli elementi alimentati e quelli degli elementi parassiti e perché ciò accada in modo controllato e vantaggioso, è indispensabile che nessuno degli elementi sia fisicamente risonante nella banda operativa. Ill ritardo di fase con cui vengono alimentati elementi fra loro accoppiati non basta a sviluppare il massimo guadagno e F/B ma poichè l’accoppiamento mutuo fra gli elementi gioca un ruolo cruciale, è un serio problema avere elementi tutti risonanti sulla (stessa) frequenza operativa.
Anche se parlando di 4 square arrays (od anche solo di sistemi end-fire) queste considerazioni fondamentali vengono normalmente omesse, a meno di avere elementi risopnanti su frequenze differenti e tutto il sistema, un 4 square array è un sistema direttivo intrinsecamente critico la cui ottimizzazione, soprattutto in termini di buona direttività, è improbabile se non impossibile. Nonostante guadagno e ROS restino buoni, F/B e F/S non sono i massimi possibili e spesso neppure aderiscono alla teoria del progetto. Insomma, risonanze ed impedenze, Q e mutui accoppiamenti elevati pregiudicano relativamente poco il guadagno, ma impattano sulla la direttività.
Quando il sistema non ammette perdite, cosa ovvia in trasmissione, non esistono soluzioni praticabili, tranne appunto quella di avere elementi risonanti leggermente al di fuori della banda operativa. Nel caso invece in cui perdite elevate non causino problemi sostanziali, allora le antenne posso essere artificialmente trasformate in elementi "isolati" fra loro, ovverosia eliminando il problema del mutuo accoppiamento, la direttività del sistema ricevente arriva piuttosto facilmente ai livelli teorici, anche con spaziature piccole ed arbitrarie, giocando unicamente sulle fasi.

Per ciò che concerne la ricezione, ciò che conta è unicamente il rapporto S/N del sistema d'antenna, ovvero, il dislivello tra segnale utile e rumore di fondo. In ricezione, il guadagno è un parametro relativamente trascurabile, che può tranquillamente essere negativo, a patto che l’energia fornita all’RX dall’antenna (il segnale) sia comunque superiore al rumore interno dell’apparato. Empiricamente parlando, chiunque sa che in 80/160m, con un’antenna appena decente per la trasmissione, anche attenuando di 10 o 20 dB i segnali  non spariscono affatto nel rumore di fondo. Al contrario, in alcuni casi, attenuando la ricezione migliora perchè si riducono livelli di segnale elevatissimi che tendono a saturare i circuiti ed a far lavorare in compressione gli amplificatori.
In sostanza, le antenne da usare nell’array ricevente qui proposto dovranno essere elementi poco accoppiati fra loro ed avere un basso Q, in altre parole l’impedenza di ogni "antenna" dovrà cambiare poco per colpa delle altre, al variare della frequenza, intrinsecamente e per causa di fattori esterni, quali ad esempio l’umidità e la temperatura.
Un metodo per ottenere quanto sopra sarebbe facilmente raggiunto con le classiche "antenne attive" ovvero dove un circuito amplificatore svolge la funzione di adattare un piccolissimo elemento radiante e di trasferire, adattando l’impedenza, tutta l’energia ricevuta al sistema. Se questo metodo è forse accettabile per usi BCL, ed il sistema sarebbe totalmente a larga banda, l’inevitabile problema della modulazione incrociata (mixing reciproco) di amplificatori ad ingresso aperiodico rende un sistema del genere insufficiente per soddisfare i requisiti amatoriali più sofisticati, quali il DX ed i contest.
E’ quindi necessario usare antenne convenzionali e quindi trasformare la loro impedenza complessa in quella di linea. Le dimensioni potranno essere modeste, ma senza eccedere in questo senso per non ridurre troppo la sensibilità del sistema.
Una perdita artificiale, basso accoppiamento e basso Q sono facilmente ottenibili inserendo di proposito un carico dissipativo in serie all’antenna, ovvero trasformando la bassa impedenza del radiatore (corto) in una uguale a quella di linea. Ciò si ottiene in modo banale ed inefficiente, ponendo una resistenza in serie, anziché usando un trasformatore elevatore od un circuito adattatore sintonizzato a basse perdite, come si farebbe normalmente.

L’ELEMENTO RICEVENTE
Quando il radiatore utilizzato è corto, sensibilmente più corto di 1/4 d'onda, l’antenna presenta nel punto di alimentazione un impedenza bassa e reattiva. Un'ipotesi numericamente plausibile, potrebbe essere Z = 10 –j150 Ohm. 
Iintroducendo in serie all’antenna un circuito L+R costituito da una induttore ed un resistore, si arriva facilmente ad un’impedenza puramente resistiva, uguale a quella di linea (50 o 75 Ohm).
Supponendo di aver deciso 75 Ohm come impedenza da ottenere, per prima cosa si provvede ad eliminare la componente reattiva della verticale, ovvero, nell'esempio di cui sopra, i –j150, tramite un induttore da +j150 posto in serie fra la base dell’elemento e linea. Ci ritroveremo così con un’impedenza di 10 Ohm puramente resistivi e sarà a questo punto facile porre in serie al circuito antenna-induttore, anche un resistore da 65 Ohm, per arrivare ai 75 Ohm.
Perché imporre un’impedenza di 75 e non di 50 Ohm?
Perché l’elemento antenna sia corrispondente ai nostri bisogni, ovvero sia "stabile" quanto ad impedenza, abbia perdite rilevanti e basso Q, bisogna che la parte resistiva (le perdite appunto) siano consistentemente più alte della Rr dell’elemento, suggerirei non meno del quadruplo.
R' noto che una verticale a quarto d’onda ha un’impedenza di 36 Ohm teorici (Z=36 +j0), a cui vanno aggiunte le perdite del piano di terra, qualche Ohm almeno nel migliore dei casi. Se l’impedenza di linea prescelta fosse stata di 50 Ohm potremmo al massimo inserire una resistenza da 14 Ohm (più realisticamente una decina), perdita che non costituirebbe affatto una parte preponderante rispetto ai 36 Ohm dell’elemento. Ecco perché risulta più opportuno e conveniente lavorare su impedenze di 75 Ohm, anzichp con i classici 50 Ohm. La situazione ottimale in un sistema a due bande potrebbe consistere in elementi che siano risonanti sulla banda più alta ma che non abbiano una Rr troppo elevata. 
Elementi (relativamente) corti e caricati con un cappello capacitivo, rispondono ottimamente a questo requisito, che però non è essenziale. .
Per dare un valore orientativo che potrebbe costituire la base per un sistema pratico, radiatori alti 12 metri hanno una Rr pari a circa 10 Ohm in 80 metri e di 2 Ohm in 160m. Le tabelle od i grafici per ottenere la Rr data una lunghezza di elemento verticale (espressa in frazioni di lunghezza d’onda od in gradi elettrici) sono ricavabili da formule, rintracciabili sui vari amateur handbooks od enigineering hanbooks. In alternativa, un programma di antenna modeling settato per un ground perfetto darà i risultati di cui abbiamo bisogno e risulterà un sistema di calcolo più pratico e conveniente se gli elementi saranno verticali complesse, ad es. caricate con un cappello capacitivo.
Attenzione che la Rr del radiatore non diminuisce linearmente con la lunghezza. Dimezzando ad esempio da 12 a 6 metri la verticale dell’esempio fatto più sopra, la Rr in 80 non passerà da 10 a 5 Ohm ma sarà inferiore.
In pratica però, a meno di installare il tutto su una terra perfetta, misurando l’impedenza alla base con un’antenna analyzer si rileveranno sempre valori superiori di Rr rispetto a quelli teorici. Questi valori non indicano che la teoria od i grafici sono sbagliati, semplicemente, accade che i valori letti dallo strumento sono imputabili alle perdite dovute alla terra, perdite che si sommano alla Rr degli elementi (sono in serie al circuito) e che l’analyzer non può leggere distintamente.
Anche se un certo errore progettuale non impedirebbe al sistema di funzionare, in fase di installazione delle antenne sarebbe bene misurare i valori reali di impedenza per sapere effettivamente quante perdite aggiuntive (la resistenza) vadano effettivamente inserite per raggiungere il valore prefissato, ad es. 75 Ohm. Nel far ciò conviene prima porre in risonanza l’elemento perché così facendo si inseriranno nel computo finale anche le perdite dovute all’induttore, ovvero della sua resistenza equivalente (non solo quella ohmica in DC).
E’ evidente che induttore e resistenza andranno commutate su ogni antenna in modo appropriato se si intendono coprire più bande.
Quanto al piano di terra per le 4 verticali, non è necessario che sia particolarmente buono è però necessario che l’impedenza (e la risonanza) sia stabile, ovvero che questa non cambi troppo in funzione dell’umidità del terreno o per altro. Un sistema per rendersi conto della stabilità intrinseca può essere quello di provare quanto cambia l’impedenza (o la risonanza) toccando con la mano. In altre parole cosa cambia tenendo in mano l’analyzer oppure no, se questo ha un contenitore metallico. Se le cose cambiano radicalmente, sarà bene aggiungere altri radiali.
Con una Rr teorica di 2 Ohm, misurarne 4 con l'analyzer vorrà dire avere circa già 6dB di perdite e misurarne 10 corrisponderà a 14dB di attenuazione. Il fatto però non è grave perché comunque "eleveremo" fino a 50 o 75 Ohm l’impedenza, introducendo di proposito ulteriori e più significative perdite di quelle dovute al piano di massa. Se il piano di terra introduce 10 Ohm basterà aggiungerne 10 in meno con il resistore. Quello che importa, è solamente conoscere l’impedenza alla base di ogni antenna (e quindi la perdita dovuta al piano di terra) per sapere esattamente quanta resistenza in più dovremo aggiungere per arrivare al valore per cui abbiamo progettato il sistema.
E’ comunque bene sapere che con un antenna da 2 ohm di Rr si avrà un’attenuazione pari a circa 30dB. E’ saggio evitare di usare antenne troppo piccole decidendo di usare qualcosa che non abbia Rr troppo bassa oppure caricando l’elemento con una cappello capacitivo. Salendo ad esempio dai 2 Ohm di Rr dell’esempio fatto sopra a 5 Ohm, l’attenuazione dell’elemento scenderebbe a 23 dB. Quanto all’attenuazione complessiva del sistema, questa risulterà minore rispetto a quella del singolo elemento per merito del guadagno di accoppiamento, circa 6 dB.

LE LINEE TRA ANTENNE E BOX DI ACCOPPIAMENTO
Abbiamo parlato dell’impedenza di linea, ovvero che questa deve essere più alta rispetto a quella intrinseca degli elementi usati come antenna, visto che dovremo introdurre artificialmente una perdita e che questa, sarà costituita da un carico resistivo (una resistenza), di valore uguale alla differenza tra l’impedenza d’antenna (dopo aver cancellato la parte reattiva) e l’impedenza della linea usata. 
Non abbiamo parlato invece delle lunghezze ammissibili per i cavi che andranno da ogni elemento al box di accoppiamento-fasatura. A parte le antenne, questo sistema ricevente è a larga banda e le linee che collegano le quattro antenne al box di fasatura, non hanno alcuna necessità di rispettare lunghezze predefinite.
Poiché infatti il carico di ogni antenna sarà sostanzialmente resistivo ed il Q basso, qualunque lunghezza di linea fra elemento e box di accoppiamento non comporterà trasformazioni di impedenza e questo sarà vero perfino nel caso in cui il cavo coassiale utilizzato fosse di lunghezza pari ad 1/4 d’onda o suoi multipli dispari. L’unico requisito necessario da rispettare sarà quello di arrivare al box con 4 linee che siano uguali per tipo (impedenza, fattore di velocità) e lunghezza. 
Date le frequenze in gioco, cavi come l’RG58 o l’RG59 sono più che adeguati nella maggioranza dei casi. Se poi il sistema d’antenna fosse a considerevole distanza dallo shack, allora la soluzione più conveniente consisterà nel porre il box vicino alle antenne e di telecomandarlo, usando lo stesso cavo di linea. La linea che andrà dal box allo shack sarà in un caso simile composta da un cavo a bassa perdita quale potrebbe essere un normale cellflex ½" a 50 Ohm visto che l’uscita del box sarà normalizzata, appunto a 50 Ohm.
Un’altra soluzione può essere quella di porre all’uscita del box un preamplificatore e di coprire la tratta lunga per arrivare all’RTX con del normale RG213, o perfino con dell’RG58. Bisogna tuttavia considerare che questa opzione, sebbene teoricamente allettante, presenta in pratica le solite complicazioni. Innanzitutto il preamplificatore deve essere a basso rumore e poco incline all’intermodulazione, la qual cosa non è poi semplicissima da realizzarsi in pratica. Se è vero che il ns sistema ricevente è direzionale ed attenuato sulle bande basse, così non sarà a frequenze elevate o per le emittenti in onda media. A meno di interporre un filtro di banda prima del preamplificatore, è assai probabile per non dire certo, che saranno presenti segnali molto forti. Immaginiamo come potrebbero essere i segnali della banda broadcast a 7 MHz e quelli delle bande superiori. Un’altra complicazione che si crea con l’uso del preamplificatore a distanza, è poi l’impossibilità di commutare le direzioni cambiando tensioni e polarità lungo il cavo, a meno di non alimentare con una linea dedicata il preamplificatore.

IL BOX DI ACCOPPIAMENTO E COMMUTAZIONE
Chiarito il principio di funzionamento nell’insieme, passiamo al box di fasatura.
A parte il circuito per commutare le direzioni telecomandando questa funzione attraverso il coassiale, così come realizzato nello schema proposto (Fig. 1) con 3 relè a due vie, tutti a riposo verso nord, il resto del box è veramente semplice e facile da realizzare, economico e con pochissimi componenti da cablare.

La commutazione nelle varie direzioni dipende dalla corrente/polarità che arriva lungo il cavo. A questo proposito, l’interfaccia in ingresso al box (il condensatore da 100nf tra L1 e T1) serve a disaccoppiare la continua e l’alternata a 50 Hz verso i trasformatori RF e le antenne, mentre (L1) impedisce ai segnali RF di andare verso le bobine dei relè.
Per disaccoppiare la continua o l’alternata a 50 Hz useremo un condensatore ceramico da 100 nF e per isolare la RF dai circuiti di commutazione ci serviremo di un’induttanza da 470uH che deve essere in grado di sostenere la corrente necessaria ad alimentare i 3 relè insieme (K1 + K2 +K3).
Non arriverà alcuna tensione, ovvero K1 K2 K3 disabilitati (direzione Nord), una tensione positiva per alimentare K1 (direzione Est), una negativa per alimentare K2 e K3 (direzione SUD) ed una alternata a 50 Hz per alimentare insieme K3, K2 e K1 (direzione Ovest).


A livello di circuito RF, il segnale proveniente dall’antenna frontale, quella a Nord, va direttamente in uscita, ritardato solamente dalla linea di collegamento fra antenna e box.
Il segnale proveniente dall’antenna sul retro (quella opposta, cioè Sud) va a sommarsi al segnale della antenna di Nord su T1. Questo appunto tramite la linea tra antenna e box, una linea di ritardo pari alla diagonale (la distanza fra le antenne) che insieme si sommano al ritardo fisico, cioè la distanza che intercorre fra le due antenne (la diagonale), N e S.
Il segnale proveniente dalle due antenne "laterali" è ritardato anch’esso dal cavo che va al box ed in più, rispetto alla antenna di Nord, di una mezza diagonale come linea di ritardo e di altrettanto per la distanza fisica reale. Il segnale di queste due antenne (in fase tra loro) è poi ribaltato di fase da T2 e sommato su T1 a quelle di N e S.
In sostanza, con il box a Nord, un segnale proveniente da quella direzione risulta in fase su T1 per tutte le antenne, mentre ciò che proviene da Sud va a cancellarsi completamente, e questo, accadrà per qualunque frequenza.
Tramite i due attenuatori opzionali da 75 Ohm (quelli per uso TV vanno benissimo), utili soprattutto se la spaziatura tra le antenne è piccola, è anche possibile ottenere un notch perfetto con attenuazione quasi infinita.
Le linee di ritardo sono della stessa impedenza dei cavi tra antenne e box, ovvero 75 Ohm. Non hanno alcun rapporto con la frequenza in gioco ma sono ovviamente di lunghezza (elettrica) pari alla diagonale, od alla mezza diagonale che separa le antenne. Supponendo che in diagonale le antenne siano a 20m fra loro, la linea di ritardo sull’antenna posteriore (linea di ritardo A) sarà pari a 20m mentre quella delle 2 antenne laterali (linee di ritardo B) a 10m. Naturalmente bisogna tenere conto del fattore di velocità del cavo usato per cui se questo fosse 0.66 allora le linee di questo esempio sarebbero rispettivamente di 13.2 e 6.6 metri.
   
Il trasformatore T1 è un autotrasformatore. L’avvolgimento è da realizzare su un nucleo in ferrite di permeabilità opportuna, ad esempio il materiale 73 della Amidon. Il numero delle spire dipende ovviamente dal nucleo utilizzato, inteso come materiale e non come dimensioni. Cinque spire dal lato di RX dovrebbero essere sufficienti, quanto alla presa per un rapporto di trasformazione pari a 2.66 :1 (18.75 x 2.66 = 50 ovvero 1.66 in tensione) sarà sulla terza. (5spire=50 Ohm, 3spire=18.75)
T2 è invece un trasformatore 1:1 (a 35 Ohm) con avvolgimento bifilare il cui compito è semplicemente quello di invertire la fase delle antenne "laterali". Come nel caso precedente, il nucleo deve essere di permeabilità opportuna ed il materiale già indicato è ottimale anche per questo scopo. Quattro spire potrebbero andar bene se il nucleo ha circa 2000 di permeabilità (sempre il materiale 73 Amidon). Attenzione qui alla fase.
Per ciò che riguarda la commutazione sulle varie direzioni si suggerisco di utilizzare tre relè a due vie e di alimentarli lungo il cavo secondo lo schema proposto. Nessuno proibisce di usare un commutatore meccanico a 4 posizioni e 6 vie se il box fosse posto sul tavolo dello shack. E’ da notare però che con i relè ed il telecomando realizzato lungo il cavo che va dall’RX al box si ha la possibilità di comandare il tutto a distanza (anche notevole) eliminando comunque l’impiccio di cavi e scatole.

IL TELECOMANDO

Per telecomandare, si inviano tensioni continue od alternate al box servendosi del cavo coassiale stesso, che collega l’uscita del box all’ingresso dell’RX. Per far ciò bisogna realizzare ed interporre un interfaccia di comando tra RX e box. Questa dovrà inviare le correnti verso il box ed allo stesso tempo, disaccoppiare in continua e la 50 Hz verso il ricevitore, isolando nelle stesso tempo, la parte RF.
Per disaccoppiare la continua useremo un condensatore ceramico da 100 nF e per isolare la RF dai circuiti di commutazione ci serviremo, come nel box remoto, di un’induttanza da 470uH che sia in grado di portare tutta la corrente necessaria (K1 + K2 +K3).
Non si invierà alcuna tensione (direzione Nord), una tensione positiva per alimentare K1 (direzione Est), una negativa per alimentare K2 e K3 (direzione SUD) ed una alternata per alimentare insieme K3, K2 e K1 (direzione Ovest). Il circuito del telecomando è visibile in Fig.2.