UN 4 SQUARE ARRAY RICEVENTE
(by
I4JMY Maurizio Panicara, Rev 03 Feb 2016)
Un sistema d'antenna ricevente compatto per le bande basse,
realmente performante e realizzabile.
Breve accenno sulle antenne compatte per le banda basse
PENNANT E FLAG
Le antenne, dette PENNANT e FLAG con
tutte le loro possibili varianti, sono in effetti due cortissime verticali, poste a
breve distanza fra loro ed alimentate con una fase opportuna per produrre un
diagramma a cardioide sul piano orizzontale. Queste antenne non hanno una
direzionalità in senso stretto ed il loro principio è da tempo in uso per
applicazioni RDF (radiolocalizzazione). Il diagramma a cardioide di due antenne
molto vicine è sostanzialmente un cerchio a cui manca uno spicchio stretto e
profondo che si presta infatti benissimo per determinare la provenienza di un
segnale.
Se da una parte l’estrema
compattezza di PENNANTs e FLAGs è allettante, queste antenne sono più
adatte ad eliminare un segnale interferente locale, piuttosto che ad essere
usate come antenne direttive.
Per coprire tutte le
direzioni servono almeno 4 PENNANTS (o due coppie reversibili), le FLAGs sono
invece da rendere rotative.
Un secondo limite di PENNANTs
e le FLAGs consiste nel basso livello di segnale d’uscita fornito, tipicamente
–40dB in 160m, situazione che obbliga di fatto all’uso di un preamplificatore
d’antenna, con tutti i limiti di saturazione ed intermodulazione che ne derivano.
LE EWEs
Meno compatte rispetto a PENNANTs e FLAGs, sono le EWEs che all’apparenza assomigliano ad antenne beverage molto corte.
In realtà, la parte ricevente nelle EWEs sono i due tratti verticali del filo
che, alimentati con fase opportuna tramite il tratto orizzontale (che funge da linea di ritardo), producono
anch’esse un diagramma direzionale di forma sostanzialmente cardioide. Essendo
in genere le due verticali maggiormente spaziate, la direttività è delle EWEs è
migliore rispetto a Pennants e Flags diventando quella classica per due
verticali sfasate di 90° quando la spaziatura diventa pari ad ¼ d’onda.
Per coprire tutte le direzioni, sono necessarie almeno due EWEs e queste
dovrebbero essere munite di un sistema che cambi alimentazione e carico di
terminazione "swappandoli", cioè invertendoli, tra una estremità e
l’altra.
UN 4 SQUARE ARRAY
RICEVENTE
L’antenna compatta che
propongo rimedia agli inconvenienti di cui sopra, ha un diagramma più realmente direzionale,
copre tutte le direzioni. Può essere usata su più bande e fornisce un livello di uscita sufficiente.
IL CONCETTO
Quattro antenne verticali poste
a quadrato e spaziate tra 1/8 ed ¼ d’onda, con un minimo di 1/16 alla frequenza
più bassa ed 1/3 d’onda a quella più alta, possono costituire un buon array
direzionale compatto per la ricezione, un sistema che fornisce prestazioni, in
termini di direzionalità e di livello d’uscita, analoghe a quelle di una
beverage ad onda intera. Se poi le dimensioni degli elementi non sono
eccessivamente modeste, il livello di segnale in uscita è ampiamente sufficiente alla maggior parte dei ricevitori moderni (SDR).
La domanda che ci si potrebbe
porre è se questo sistema non sia analogo ai classici 4 square arrays per
trasmissione, ovvero ad un’antenna direzionale relativamente comune e di cui è
possibile acquistare sul mercato tutto quanto serve, inclusi il box per la
fasatura e commutazione nelle varie direzioni.
Innanzitutto c’è da dire che
i sistemi usati per la trasmissione non sono in genere facilmente adattabili su
più bande, anche perchè richiedono spaziature ben precise fra gli elementi. Per
la trasmissione poi, si ha anche la necessità di usare antenne efficienti che finiscono per avere un forte mutuo accoppiamento fra loro.
In un sistema per
trasmissione ad elementi eccitatati direttamente come il classico 4 square (ma
anche nelle HB9CV, Raibeam, etc.) al di la dei ritardi di fase imposti, esiste infatti un forte mutuo accoppiamento fra gli elementi. Massima
direttività e guadagno, derivano
dalla combinazione dell’energia fornita con gli opportuni ritardi via cavo, con
quella derivante dall’interazione passiva (reirradiazione) degli elementi.
Con piccole spaziature una yagi a due elementi ha guadagno e F/B inferiori rispetto ad antenne come l’HB9CV. In altre parole, per massimizzare
guadagno e direzionalità si combinano le proprietà degli elementi alimentati e quelli degli elementi parassiti e
perché ciò accada in modo controllato e vantaggioso, è indispensabile che nessuno degli elementi sia
fisicamente risonante nella banda operativa. Ill
ritardo di fase con cui vengono alimentati elementi fra loro accoppiati non basta
a sviluppare il massimo guadagno e F/B ma poichè l’accoppiamento mutuo fra gli
elementi gioca un ruolo cruciale, è un serio problema avere
elementi tutti risonanti sulla (stessa) frequenza operativa.
Anche se parlando di 4 square arrays (od anche solo di sistemi end-fire) queste considerazioni fondamentali vengono
normalmente omesse, a meno di avere elementi risopnanti su frequenze differenti e tutto il sistema, un 4
square array è un sistema direttivo intrinsecamente critico la cui ottimizzazione, soprattutto in termini
di buona direttività, è improbabile se non impossibile. Nonostante guadagno e
ROS restino buoni, F/B e F/S non sono i massimi possibili e spesso neppure
aderiscono alla teoria del progetto. Insomma, risonanze ed impedenze, Q e mutui accoppiamenti elevati pregiudicano relativamente poco il guadagno, ma impattano sulla la
direttività.
Quando il sistema non ammette
perdite, cosa ovvia in trasmissione, non esistono soluzioni praticabili, tranne appunto quella di avere elementi risonanti leggermente al di fuori della banda operativa. Nel
caso invece in cui perdite elevate non causino problemi sostanziali, allora le
antenne posso essere artificialmente trasformate in elementi
"isolati" fra loro, ovverosia eliminando il problema del mutuo accoppiamento, la direttività del sistema ricevente arriva
piuttosto facilmente ai livelli teorici, anche con spaziature piccole ed
arbitrarie, giocando unicamente sulle fasi.
Per ciò che concerne la
ricezione, ciò che conta è unicamente il rapporto S/N del sistema d'antenna, ovvero, il dislivello tra segnale utile e rumore di fondo. In ricezione, il guadagno è un
parametro relativamente trascurabile, che può tranquillamente essere negativo, a patto
che l’energia fornita all’RX dall’antenna (il segnale) sia comunque superiore al rumore
interno dell’apparato. Empiricamente parlando, chiunque sa che in 80/160m, con un’antenna
appena decente per la trasmissione, anche attenuando di 10 o 20 dB i segnali non spariscono affatto nel rumore di
fondo. Al contrario, in alcuni casi, attenuando la ricezione migliora perchè si riducono livelli di segnale elevatissimi che tendono a saturare i circuiti ed a far lavorare in
compressione gli amplificatori.
In sostanza, le antenne da
usare nell’array ricevente qui proposto dovranno essere elementi poco
accoppiati fra loro ed avere un basso Q, in altre parole l’impedenza di ogni
"antenna" dovrà cambiare poco per colpa delle altre, al variare della
frequenza, intrinsecamente e per causa di fattori esterni, quali ad esempio
l’umidità e la temperatura.
Un metodo per ottenere quanto
sopra sarebbe facilmente raggiunto con le classiche "antenne attive"
ovvero dove un circuito amplificatore svolge la funzione di adattare un
piccolissimo elemento radiante e di trasferire, adattando l’impedenza, tutta
l’energia ricevuta al sistema. Se questo metodo è forse accettabile per usi
BCL, ed il sistema sarebbe totalmente a larga banda, l’inevitabile problema
della modulazione incrociata (mixing reciproco) di amplificatori ad ingresso
aperiodico rende un sistema del genere insufficiente per soddisfare i requisiti
amatoriali più sofisticati, quali il DX ed i contest.
E’ quindi necessario usare
antenne convenzionali e quindi trasformare la loro impedenza complessa in
quella di linea. Le dimensioni potranno essere modeste, ma senza eccedere in
questo senso per non ridurre troppo la sensibilità del sistema.
Una perdita artificiale,
basso accoppiamento e basso Q sono facilmente ottenibili inserendo di proposito
un carico dissipativo in serie all’antenna, ovvero trasformando la bassa impedenza del radiatore (corto) in una uguale a quella di linea. Ciò si ottiene in modo banale ed inefficiente, ponendo una
resistenza in serie, anziché usando un trasformatore elevatore od un circuito adattatore
sintonizzato a basse perdite, come si farebbe normalmente.
L’ELEMENTO RICEVENTE
Quando il radiatore
utilizzato è corto, sensibilmente più corto di 1/4 d'onda, l’antenna presenta nel punto di alimentazione un impedenza
bassa e reattiva. Un'ipotesi numericamente plausibile, potrebbe essere Z = 10
–j150 Ohm.
Iintroducendo in serie all’antenna un circuito L+R
costituito da una induttore ed un resistore, si arriva facilmente ad
un’impedenza puramente resistiva, uguale a quella di linea (50 o 75 Ohm).
Supponendo di aver deciso 75
Ohm come impedenza da ottenere, per prima cosa si provvede ad eliminare la
componente reattiva della verticale, ovvero, nell'esempio di cui sopra, i –j150, tramite un induttore da
+j150 posto in serie fra la base dell’elemento e linea. Ci ritroveremo così con
un’impedenza di 10 Ohm puramente resistivi e sarà a questo punto facile porre
in serie al circuito antenna-induttore, anche un resistore da 65 Ohm, per arrivare ai 75 Ohm.
Perché imporre un’impedenza
di 75 e non di 50 Ohm?
Perché l’elemento antenna sia corrispondente ai nostri bisogni, ovvero sia
"stabile" quanto ad impedenza, abbia perdite rilevanti e basso Q,
bisogna che la parte resistiva (le perdite appunto) siano consistentemente più
alte della Rr dell’elemento, suggerirei non meno del quadruplo.
R' noto che una
verticale a quarto d’onda ha un’impedenza di 36 Ohm teorici (Z=36 +j0), a cui
vanno aggiunte le perdite del piano di terra, qualche Ohm almeno nel migliore
dei casi. Se l’impedenza di linea prescelta fosse stata di 50 Ohm potremmo al
massimo inserire una resistenza da 14 Ohm (più realisticamente una decina),
perdita che non costituirebbe affatto una parte preponderante rispetto ai 36
Ohm dell’elemento. Ecco perché risulta più opportuno e conveniente lavorare su
impedenze di 75 Ohm, anzichp con i classici 50 Ohm.
La situazione ottimale in un
sistema a due bande potrebbe consistere in elementi che siano risonanti sulla
banda più alta ma che non abbiano una Rr troppo elevata.
Elementi (relativamente) corti e caricati con un cappello capacitivo, rispondono
ottimamente a questo requisito, che però non è essenziale. .
Per dare un valore
orientativo che potrebbe costituire la base per un sistema pratico, radiatori
alti 12 metri hanno una Rr pari a circa 10 Ohm in 80 metri e di 2 Ohm in 160m.
Le tabelle od i grafici per ottenere la Rr data una lunghezza di elemento
verticale (espressa in frazioni di lunghezza d’onda od in gradi elettrici) sono
ricavabili da formule, rintracciabili sui vari amateur handbooks od
enigineering hanbooks. In alternativa, un programma di antenna modeling settato
per un ground perfetto darà i risultati di cui abbiamo bisogno e risulterà un
sistema di calcolo più pratico e conveniente se gli elementi saranno verticali
complesse, ad es. caricate con un cappello capacitivo.
Attenzione che la Rr del
radiatore non diminuisce linearmente con la lunghezza. Dimezzando ad esempio da
12 a 6 metri la verticale dell’esempio fatto più sopra, la Rr in 80 non passerà
da 10 a 5 Ohm ma sarà inferiore.
In pratica però, a meno di
installare il tutto su una terra perfetta, misurando l’impedenza alla base con
un’antenna analyzer si rileveranno sempre valori superiori di Rr rispetto a
quelli teorici. Questi valori non indicano che la teoria od i grafici sono
sbagliati, semplicemente, accade che i valori letti dallo strumento sono imputabili
alle perdite dovute alla terra, perdite che si sommano alla Rr degli elementi
(sono in serie al circuito) e che l’analyzer non può leggere distintamente.
Anche se un certo errore
progettuale non impedirebbe al sistema di funzionare, in fase di installazione
delle antenne sarebbe bene misurare i valori reali di impedenza per sapere
effettivamente quante perdite aggiuntive (la resistenza) vadano effettivamente
inserite per raggiungere il valore prefissato, ad es. 75 Ohm. Nel far ciò
conviene prima porre in risonanza l’elemento perché così facendo si inseriranno
nel computo finale anche le perdite dovute all’induttore, ovvero della sua
resistenza equivalente (non solo quella ohmica in DC).
E’ evidente che induttore
e resistenza andranno commutate su ogni antenna in modo appropriato se si
intendono coprire più bande.
Quanto al piano di terra per
le 4 verticali, non è necessario che sia particolarmente buono è però
necessario che l’impedenza (e la risonanza) sia stabile, ovvero che questa non
cambi troppo in funzione dell’umidità del terreno o per altro. Un sistema per
rendersi conto della stabilità intrinseca può essere quello di provare quanto
cambia l’impedenza (o la risonanza) toccando con la mano. In altre parole cosa cambia tenendo in mano
l’analyzer oppure no, se questo ha un contenitore metallico. Se le cose
cambiano radicalmente, sarà bene aggiungere altri radiali.
Con una Rr teorica di 2 Ohm,
misurarne 4 con l'analyzer vorrà dire avere circa già 6dB di perdite e
misurarne 10 corrisponderà a 14dB di attenuazione. Il fatto però non è grave
perché comunque "eleveremo" fino a 50 o 75 Ohm l’impedenza,
introducendo di proposito ulteriori e più significative perdite di quelle
dovute al piano di massa. Se il piano di terra introduce 10 Ohm basterà
aggiungerne 10 in meno con il resistore. Quello che importa, è solamente
conoscere l’impedenza alla base di ogni antenna (e quindi la perdita dovuta al
piano di terra) per sapere esattamente quanta resistenza in più dovremo
aggiungere per arrivare al valore per cui abbiamo progettato il sistema.
E’ comunque bene sapere che
con un antenna da 2 ohm di Rr si avrà un’attenuazione pari a circa 30dB. E’
saggio evitare di usare antenne troppo piccole decidendo di usare qualcosa che
non abbia Rr troppo bassa oppure caricando l’elemento con una cappello
capacitivo. Salendo ad esempio dai 2 Ohm di Rr dell’esempio fatto sopra a 5
Ohm, l’attenuazione dell’elemento scenderebbe a 23 dB. Quanto all’attenuazione
complessiva del sistema, questa risulterà minore rispetto a quella del singolo
elemento per merito del guadagno di accoppiamento, circa 6 dB.
LE LINEE TRA ANTENNE E
BOX DI ACCOPPIAMENTO
Abbiamo parlato
dell’impedenza di linea, ovvero che questa deve essere più alta rispetto a
quella intrinseca degli elementi usati come antenna, visto che dovremo
introdurre artificialmente una perdita e che questa, sarà costituita da un carico
resistivo (una resistenza), di valore uguale alla differenza tra
l’impedenza d’antenna (dopo aver cancellato la parte reattiva) e l’impedenza
della linea usata.
Non abbiamo parlato invece delle lunghezze ammissibili per i
cavi che andranno da ogni elemento al box di accoppiamento-fasatura. A parte le antenne, questo
sistema ricevente è a larga banda e le linee che collegano le quattro antenne
al box di fasatura, non hanno alcuna necessità di rispettare lunghezze
predefinite.
Poiché infatti il carico di
ogni antenna sarà sostanzialmente resistivo ed il Q basso, qualunque lunghezza
di linea fra elemento e box di accoppiamento non comporterà trasformazioni di
impedenza e questo sarà vero perfino nel caso in cui il cavo coassiale
utilizzato fosse di lunghezza pari ad 1/4 d’onda o suoi multipli dispari.
L’unico requisito necessario da rispettare sarà quello di arrivare al box con 4
linee che siano uguali per tipo (impedenza, fattore di velocità) e
lunghezza.
Date le frequenze in gioco, cavi come l’RG58 o l’RG59 sono più che
adeguati nella maggioranza dei casi. Se poi il sistema d’antenna fosse a considerevole
distanza dallo shack, allora la soluzione più conveniente consisterà nel porre
il box vicino alle antenne e di telecomandarlo, usando lo stesso cavo di linea.
La linea che andrà dal box allo shack sarà in un caso simile composta da un
cavo a bassa perdita quale potrebbe essere un normale cellflex ½" a 50 Ohm
visto che l’uscita del box sarà normalizzata, appunto a 50 Ohm.
Un’altra soluzione può essere quella di porre all’uscita del box un preamplificatore e di
coprire la tratta lunga per arrivare all’RTX con del normale RG213, o perfino
con dell’RG58. Bisogna tuttavia considerare che questa opzione, sebbene
teoricamente allettante, presenta in pratica le solite complicazioni. Innanzitutto il
preamplificatore deve essere a basso rumore e poco incline
all’intermodulazione, la qual cosa non è poi semplicissima da realizzarsi in
pratica. Se è vero che il ns sistema ricevente è direzionale ed attenuato sulle
bande basse, così non sarà a frequenze elevate o per le emittenti in onda
media. A meno di interporre un filtro di banda prima del preamplificatore, è
assai probabile per non dire certo, che saranno presenti segnali
molto forti. Immaginiamo come potrebbero essere i segnali della banda broadcast
a 7 MHz e quelli delle bande superiori. Un’altra complicazione che si crea con
l’uso del preamplificatore a distanza, è poi l’impossibilità di commutare le
direzioni cambiando tensioni e polarità lungo il cavo, a meno di non alimentare
con una linea dedicata il preamplificatore.
IL BOX DI ACCOPPIAMENTO
E COMMUTAZIONE
Chiarito il principio di
funzionamento nell’insieme, passiamo al box di fasatura.
A parte il circuito per
commutare le direzioni telecomandando questa funzione attraverso il coassiale,
così come realizzato nello schema proposto (Fig. 1) con 3 relè a due vie, tutti
a riposo verso nord, il resto del box è veramente semplice e facile
da realizzare, economico e con pochissimi componenti da cablare.
La commutazione nelle varie
direzioni dipende dalla corrente/polarità che arriva lungo il cavo. A questo proposito, l’interfaccia in ingresso al box (il condensatore da 100nf tra L1 e T1) serve a
disaccoppiare la continua e l’alternata a 50 Hz verso i trasformatori RF e le
antenne, mentre (L1) impedisce ai segnali RF di andare verso le bobine dei relè.
Per disaccoppiare la continua
o l’alternata a 50 Hz useremo un condensatore ceramico da 100 nF e per isolare
la RF dai circuiti di commutazione ci serviremo di un’induttanza da 470uH che deve essere in grado di sostenere la corrente necessaria ad alimentare i 3 relè insieme (K1 + K2 +K3).
Non arriverà alcuna tensione,
ovvero K1 K2 K3 disabilitati (direzione Nord), una tensione positiva per
alimentare K1 (direzione Est), una negativa per alimentare K2 e K3 (direzione
SUD) ed una alternata a 50 Hz per alimentare insieme K3, K2 e K1 (direzione
Ovest).
A livello di circuito RF, il
segnale proveniente dall’antenna frontale, quella a Nord, va direttamente in
uscita, ritardato solamente dalla linea di collegamento fra antenna e box.
Il segnale proveniente
dall’antenna sul retro (quella opposta, cioè Sud) va a sommarsi al segnale
della antenna di Nord su T1. Questo appunto tramite la linea tra antenna e box,
una linea di ritardo pari alla diagonale (la distanza fra le antenne) che
insieme si sommano al ritardo fisico, cioè la distanza che intercorre fra le
due antenne (la diagonale), N e S.
Il segnale proveniente dalle
due antenne "laterali" è ritardato anch’esso dal cavo che va al box
ed in più, rispetto alla antenna di Nord, di una mezza diagonale come linea di
ritardo e di altrettanto per la distanza fisica reale. Il segnale di queste due
antenne (in fase tra loro) è poi ribaltato di fase da T2 e sommato su T1 a
quelle di N e S.
In sostanza, con il box a
Nord, un segnale proveniente da quella direzione risulta in fase su T1 per
tutte le antenne, mentre ciò che proviene da Sud va a cancellarsi
completamente, e questo, accadrà per qualunque frequenza.
Tramite i due attenuatori
opzionali da 75 Ohm (quelli per uso TV vanno benissimo), utili soprattutto se
la spaziatura tra le antenne è piccola, è anche possibile ottenere un notch
perfetto con attenuazione quasi infinita.
Le linee di ritardo sono
della stessa impedenza dei cavi tra antenne e box, ovvero 75 Ohm. Non hanno
alcun rapporto con la frequenza in gioco ma sono ovviamente di lunghezza
(elettrica) pari alla diagonale, od alla mezza diagonale che separa le antenne.
Supponendo che in diagonale le antenne siano a 20m fra loro, la linea di
ritardo sull’antenna posteriore (linea di ritardo A) sarà pari a 20m mentre
quella delle 2 antenne laterali (linee di ritardo B) a 10m. Naturalmente
bisogna tenere conto del fattore di velocità del cavo usato per cui se questo
fosse 0.66 allora le linee di questo esempio sarebbero rispettivamente di 13.2
e 6.6 metri.
Il trasformatore T1 è un
autotrasformatore. L’avvolgimento è da realizzare su un nucleo in ferrite di
permeabilità opportuna, ad esempio il materiale 73 della Amidon. Il numero
delle spire dipende ovviamente dal nucleo utilizzato, inteso come materiale e
non come dimensioni. Cinque spire dal lato di RX dovrebbero essere sufficienti,
quanto alla presa per un rapporto di trasformazione pari a 2.66 :1 (18.75 x
2.66 = 50 ovvero 1.66 in tensione) sarà sulla terza. (5spire=50 Ohm,
3spire=18.75)
T2 è invece un trasformatore
1:1 (a 35 Ohm) con avvolgimento bifilare il cui compito è semplicemente quello
di invertire la fase delle antenne "laterali". Come nel caso
precedente, il nucleo deve essere di permeabilità opportuna ed il materiale già
indicato è ottimale anche per questo scopo. Quattro spire potrebbero andar bene
se il nucleo ha circa 2000 di permeabilità (sempre il materiale 73 Amidon).
Attenzione qui alla fase.
Per ciò che riguarda la
commutazione sulle varie direzioni si suggerisco di
utilizzare tre relè a due vie e di alimentarli lungo il cavo secondo lo schema
proposto. Nessuno proibisce di usare un commutatore meccanico a 4 posizioni e 6
vie se il box fosse posto sul tavolo dello shack. E’ da notare però che con i
relè ed il telecomando realizzato lungo il cavo che va dall’RX al box si ha la
possibilità di comandare il tutto a distanza (anche notevole) eliminando
comunque l’impiccio di cavi e scatole.
IL TELECOMANDO
Per telecomandare, si inviano
tensioni continue od alternate al box servendosi del cavo coassiale stesso, che collega
l’uscita del box all’ingresso dell’RX. Per far ciò bisogna realizzare ed
interporre un interfaccia di comando tra RX e box. Questa dovrà inviare le correnti verso il box ed allo stesso tempo, disaccoppiare in continua e la 50
Hz verso il ricevitore, isolando nelle stesso tempo, la parte RF.
Per disaccoppiare la continua
useremo un condensatore ceramico da 100 nF e per isolare la RF dai circuiti di
commutazione ci serviremo, come nel box remoto, di un’induttanza da 470uH che
sia in grado di portare tutta la corrente necessaria (K1 + K2 +K3).
Non si invierà alcuna
tensione (direzione Nord), una tensione positiva per alimentare K1 (direzione
Est), una negativa per alimentare K2 e K3 (direzione SUD) ed una alternata per
alimentare insieme K3, K2 e K1 (direzione Ovest). Il circuito del telecomando è
visibile in Fig.2.